La rivoluzione liberale non c’è stata! Pensiamone un’altra!

briganti

A una certa distanza di tempo dal voto del 4 Marzo 2018 e alla luce dei risultati delle ultime elezioni amministrative è necessario chiedersi se gli Italiani abbiano percepito il cambiamento annunciato dal Movimento Cinque Stelle e dalla Lega e soprattutto se lo abbiano condiviso e apprezzato.

A giudicare dal calo ulteriore dell’affluenza degli elettori alle urne, la risposta non può che essere negativa.

Certamente, l’abbandono, con le dimensioni di un vero e proprio forfait, da parte dei votanti nelle cosiddette “roccaforti rosse” del Partito Democratico e lo sbilanciamento sempre più consistente in favore della Lega nell’ambito del Centro-Destra rappresentano un dato confortante; almeno per chi ha individuato nei personaggi che si sono alternati nel governo del Paese i responsabili del cosiddetto “Decennio nero degli Italiani”.

Sono dati che, però, non premiano le attese dei cittadini che continuano a dover subire una legge per le elezioni politiche che li espropria del diritto di scelta dei propri rappresentanti in Parlamento.

Il Rosatellum è lì e fino ad ora nessuno ha proposto di cambiarlo.

Né vi sono stati segnali di voler garantire, con una legge apposita, il “metodo democratico”, richiamato dalla nostra Costituzione, nella vita dei partiti politici italiani.

Gli elettori sono stanchi di “piattaforme” mediatiche, gestite da personaggi, misteriosi e poco eloquenti, che non entrano nell’agone politico ma lo controllano e dirigono a loro piacimento.

Sono stufi di “marionette” che asseriscono di essersi liberate dai fili dei burattinai finanziari internazionali ma si muovono con gesti ugualmente meccanici imposti da teatranti improvvisati di baracconi  e “carri di Tespi” della più remota italica provincia.

Non ne possono più  di concentrazioni politiche innaturali, nate “in strada” al riparo di sgangherati “gazebo”, che raccolgono il tutto e il contrario di tutti in un confuso bric a brac, dove nuovi leader debbono farsi spazio tra vecchie cianfrusaglie da destinare ai rigattieri (fin quando ancora ve ne saranno).

La scarsa affluenza alle urne denuncia il forte disagio di un popolo che viene definito “populista” in un regime politico che non ha più niente di “popolare” perché il Capo-partito ha gli stessi poteri di scelta del Capo dei briganti dell’Ottocento italiano o dei Boss delle criminalità organizzate di varia denominazione del Bel Paese (Mafia, ‘Ndrangheta, Camorra, Sacra Corona Unita e via dicendo) e la sua volontà fa sì che si prescinda del tutto da quella dei cittadini sia a livello di vita interna dei partiti sia a livello di formazione delle istituzioni pubbliche; che è qualificato “sovranista” proprio nel momento in cui  ha perso ogni più pallida forma di “sovranità”, da quella territoriale a quella finanziaria.

La gente, a questo punto,  frastornata e avvilita non va più a votare, convinta di non avere più frecce nel proprio arco.

L’arma del referendum è spuntata, perché non basta abrogare una legge, se a fare la nuova saranno gli stessi partiti che non sanno introdurre la democrazia neppure nella loro vita associativa.

Per una legge d’iniziativa popolare, ex articolo 71, secondo comma, della Costituzione valgono le medesime considerazioni, assolutamente paralizzanti: a discutere e votare il progetto di legge saranno sempre una Camera e un Senato di “nominati”, non di deputati e senatori eletti liberamente dal popolo.

La gente è stanca, perché le hanno sempre insegnato che è un suo precipuo dovere rispettare la Costituzione e quindi l’articolo 52 che proclama la difesa della Patria sacro dovere del cittadino, ma poi è, quotidianamente,  incitata da somme Autorità civili e religiose  ad accogliere tra le proprie mura il “cavallo di Troia” degli immigrati, messi nelle visceri del destriero non da navi Achee ma Olandesi, Danesi, Tedesche e così via, al servizio, ben retribuito, delle Centrali economiche mondiali.

La gente è sconcertata perché le hanno detto che le promesse dei comunisti d’un tempo erano fasulle e irrealizzabili e poi si ritrova oggi dinnanzi allo stesso linguaggio demagogico di “giovani leoni” che promettono il Paradiso ad alcuni cittadini e l’Inferno ad altri, secondo il bimillenario archetipo della lotta dei poveri contro i ricchi, senza neppure avvedersi che in un tale modo, vecchio e stantìo, di propaganda politica  contribuiscono soltanto ad allontanare sempre di più, con impossibili o infondate promesse di natura elettoralistica, ogni idea di pace sociale, pur necessaria per consentire al Paese di ritrovare la sua unitarietà e la sua strada in  un percorso dignitoso e non asservito a logiche estranee.

In conclusione: il “Decennio nero”, allo stato delle dichiarazioni rilasciate negli ultimi giorni da almeno una delle due forze più premiate dal voto, non sembra ancora finito!

I liberali, intesi come uomini liberi, indipendenti dai partiti esistenti (soprattutto se collegati ombelicalmente con altri  di ben diversa storia e natura politica), “rivoluzionari”, come li immaginava Piero Gobetti, hanno di fronte una sola prospettiva: diventare essi i “paladini” di una “protesta senza gazebo e senza piattaforme”; senza legami imbarazzanti con uomini  politici de ja vu; senza dipendenze psicologiche da Verbi, di destra o di sinistra, sconfitti dalla Razionalità pura (e sgombra da Verità preconfezionate) prima che dalla Storia; senza inclinazioni all’oratoria politica di paese, così diffusa nella vasta provincia italiana, dove i Dulcamara rendono gremite le piazze per vendere i loro “elisir” taroccati e dannosi.

Luigi Mazzella
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