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Giornate di studio: Tradurre Poesia

La Casa del Poeta è il titolo del volume appena pubblicato nelle edizioni della “Nave di Teseo” a cura di Andrea Cortellessa: una raccolta integrale dei testi poetici del grande pittore Giorgio de Chirico, la più parte dei quali in francese, magistralmente tradotti dal poeta Valerio Magrelli.

Di qui la riflessione sul fatto che siano soprattutto grandi poeti, almeno in ambito culturale italiano, i più autorevoli traduttori di poesia e non di rado con un forte impegno anche teorico sull’atto del tradurre.

Al di là della famosa triade primonovecentesca, Quasimodo / Montale / Ungaretti, vengono alla mente, nell’ultimo passaggio di secolo, Mario Luzi, Giovanni Giudici, Giorgio Caproni, Andrea Zanzotto, Franco Fortini.

Di quest’ultimo il saggio del 1972, Cinque paragrafi sul tradurre, ripubblicato postumo nel 2011, nelle edizioni Quodlibet, con il titolo Lezioni sulla traduzione, suscita ancora vivaci polemiche.

Senza dubbio l’intransigenza fortiniana nel rifiutare il ‘testo a fronte’, rivendicando la vita autonoma della traduzione, segna una irriducibile distanza dalla traduzione interlineare preconizzata da Walter Benjamin quale ideale assoluto.

Si direbbe che proprio in quanto lucidamente consapevole che una traduzione, essendo il prodotto di determinate circostanze storiche e storico-biografiche, difficilmente può resistere a lungo allo scorrere del tempo, Fortini si spinga fino alla provocazione nel sostenere che la traduzione debba essere considerata come testo letterario a sé stante.

Di fatto sono indiscutibilmente pregevoli le sue traduzioni, sia dal francese che dal tedesco, di grandi poeti, quali Goethe, Baudelaire, Jarry, Eluard.

Non molto dissimile dalla linea di pensiero fortiniana quella di un altro intellettuale scomodo quale il lusitanista Antonio Tabucchi, in questo caso non un poeta ma un grande narratore, che si è avvicinato casualmente alla poesia quando, studente a Parigi, fermatosi davanti a una bancarella, è stato attratto dalla presenza di un libricino di poesie, un poco usurato, dal titolo Bureau de Tabac, firmato da Ferdinando Pessoa.

“Ero abituato a una poesia sostanzialmente lirica, – confessa Tabucchi – trovavo lì invece una poesia che era insieme teatro, riflessione filosofica, racconto. Mi dissi che se c’era uno scrittore capace di esprimere tutte queste cose in un poema dovevo impararne la lingua”.

Di qui il suo studio assiduo della lingua e della letteratura portoghese e la traduzione in italiano della poesia dell’amato Pessoa, accompagnata da una annotazione sul gesto traduttivo in sé:

“Per fare una buona traduzione ci vogliono due cose che, paradossalmente, devono stare insieme: ci vuole arroganza perché tradurre è una forma di arroganza, trasportiamo il testo nella nostra lingua e quindi lo modifichiamo inevitabilmente”.

E in explicit:

“La traduzione non è l’opera, è un viaggio verso l’opera. Il traduttore è Ulisse, colui che fa la traversata e porta il libro nel viaggio, lo porta altrove. Tradurre è una grande avventura, una bellissima avventura e una maniera di entrare nel tessuto linguistico, nel capire le cose più nascoste della creazione letteraria e dunque è una cultura affascinante”.

Non v’è dubbio che tra i più recenti ‘viaggi verso l’opera’, per usare la definizione di Tabucchi, si imponga quello del poeta contemporaneo Milo De Angelis con la sua traduzione del De rerum natura, pubblicata nel 2021, nella collana mondadoriana Lo specchio.

L’opera poetica di Lucrezio, l’eccelso poeta / filosofo della classicità, il quale vive fino all’estremo la presenza simultanea del nulla e dell’infinito, offre peraltro autorevole conferma del nesso poesia / filosofia, che è tratto non secondario dell’opera poetica del grande pittore Giorgio de Chirico, di cui si è accennato all’inizio richiamando La Casa del Poeta.

Si configura di fatto una singolare reciprocità di immagini tra i testi poetici e i dipinti dechirichiani che testimonia l’incisività dell’ascendente dei filosofi presocratici greci accanto a Arthur Schopenhauer e in particolare a Friedrich Nietzsche.

Ancora negli anni tardi il Pictor Optimus amava ripetere che “il poeta più profondo si chiama Friedrich Nietzsche”.

Emblematici i versi di Malinconia, nei “Manoscritti Eluard” del 1911-1915:

Bellezza delle lunghe ciminiere rosse.

Fumo solido.

Un treno fischia. Il muro.

In explicit la citazione di un verso di Nietzsche:

Felicità, felicità ti cerco.

È in questa direzione che si è ritenuto opportuno scegliere il dipinto del 1914, Il filosofo e il poeta, quale convincente immagine per la locandina delle nostre giornate di studi sul Tradurre Poesia, alle quali seguirà nell’ottobre 2024 il Convegno Internazionale Tradurre per la scena, che si svolgerà nell’Università di Catania.

Rosita Tordi Castria