L’intervento di Lamberto Dini per il Quaderno n. 1

Presentiamo oggi, come Quaderno n.1 dell’Associazione Culturale Liberalismo Gobettiano, un libro di Luigi Mazzella che ha chiamato “Il decennio Nero degli Italiani” (dal Porcellum, al Rosatellum).

E’ questo un libro bello e interessante, denso e ricco di contenuti. Lungi da essere il suo ultimo scritto, Luigi Mazzella, oltre ad essere un illustre e autorevole giurista (è Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale), è un poliedrico scrittore di saggi sociopolitici, di saggi cinematografici, belle le sue recensioni di “50 film da rivedere”), e anche di scritti di narrativa e di poesia.

Rientrano fra questi ultimi numerosi romanzi che riflettono non solo la sua notevole immaginazione, ma anche la sua vasta cultura. Questi sono sempre impregnati di riferimenti anche filosofici su molteplici aspetti della società e del clima culturale del tempo in cui sono ambientati.

Dicevo che questo è un libro bello e interessante che illustra efficacemente le deformazioni che tra l’altro ha subito il liberalismo con stile italiano negli ultimi dieci anni.

Nelle analisi di Luigi Mazzella, c’è un filo conduttore, quello di ergersi, per profondo convincimento, a difensore della democrazia liberali, essendo egli cultore del liberalismo anglosassone, amante della razionalità che trova le sue radici nell’empirismo e pragmatismo della “common law” inglese, a differenza dei sistemi continentali dove la democrazia liberale appare condizionata più dal diritto codificato (civil law) che dalla giurisprudenza, e anche dalla religione, sia cattolica, protestante o luterana, che in qualche modo per il suo dogmatismo, egli dice, ha condizionato, nel tempo, la libertà di pensiero.

Non sorprende pertanto se Luigi Mazzella sia stato chiamato dal Presidente Antonio Pileggi a svolgere il ruolo di Presidente d’onore di Liberalismo Gobettiano e a pubblicare il suo libro come primo dei quaderni  dell’Associazione Culturale Liberalismo Gobettiano.

Certo, una breve presentazione non può fare giustizia della vastità e della ricchezza delle analisi contenute nel libro, alle quali Luigi Mazzella aggiunge, con parole forti, le sue coraggiose valutazioni. Come dice Antonio Pileggi, nella sua prefazione al libro, Mazzella lo fa senza concessioni per una svolta liberal democratica che corrisponde alla tipica intransigenza e alla bussola del liberalismo gobettiano. Anche se Mazzella alla fine conclude, non senza rammarico, che in Italia, la “Rivoluzione Liberale gobettiana appare allo stato auspicabile ma del tutto improbabile”.

Il testo del libro è di oltre duecento pagine che spaziano da una analisi della globalizzazione economica e dei suoi effetti, dell’avvento di Trump e delle sue politiche negli Stati Uniti e della Brexit nel Regno Unito, per poi commentare con dovizia di analisi, l’elezione di Emmanuel Macron in Francia, la nuova “Grosse Koalition” in Germania, l’elezione del cancelliere Sebastian Kurtz in Austria. Mette poi in dubbio il futuro della stessa Unione Europea e dell’euro per convincimento e  a seguito dei movimenti populisti  anti-establishment che sono emersi nell’ultimo decennio, e che oggi tendono a prevalere in Italia.

Il “decennio nero degli italiani”, iniziato nel 2005, è il periodo in cui secondo Mazzella si sono succeduti i peggiori “malgoverni” (fra virgolette) della storia repubblicana. A ciò Mazzella dedica ampio spazio, sviscerandone le origini e i danni per il nostro Paese che egli considera notevoli, oltre al deterioramento del costume politico , specialmente sul piano della vita democratica.

A quest’ultimo riguardo, dice Mazzella,  ne sono alla base le leggi elettorali che si sono succedute a partire del cosiddetto Porcellum (2005) e successivamente l’Italicum e il Rosatellum di oggi,  che concedono a una minoranza il governo del Paese, e che privano i cittadini elettori del più fondamentale dei loro diritti e cioè la scelta dei propri rappresentanti, essendo deputati e senatori scelti  dai capi partito tra gli aderenti , dice ancora Mazzella “ ritenuti più proni ai loro attuali voleri e ai loro futuri comandi”.

Pertanto, Mazzella sottolinea (p.106) che se la scelta dei parlamentari (e quindi dei governanti) è rimessa ai capi partito e non agli elettori è verosimilmente assente, nelle scelte fondamentali, il contributo degli uomini di pensiero liberi e indipendenti e sappiamo che per realizzare un buon governo la presenza di gente colta ed esperta è assolutamente indispensabile.

Non deve perciò sorprendere, dice sempre Mazzella, l’aumento considerevole dell’astensionismo, i cittadini non ritenendo gli eletti capaci di dare risposta ai loro problemi, specie a seguito della crisi economica, dell’ incertezza e della mancata sicurezza per il futuro.

Luigi Mazzella si interroga poi su “che società e stato vogliono gli italiani”. Egli dice che è difficile dirlo (p. 93), poiché “non c’è una sola forza politica che abbia un vero e proprio progetto politico. Non c’è uomo delle istituzioni, parlamentari o governative, che tenti di spiegare ai cittadini elettori che cosa sta avvenendo nel Paese e in Europa; che si dia carico di individuare i problemi di base della nostra società industriale, evoluta ma in piena crisi di competitività”.

Approfondendo l’argomento Mazzella sottolinea che il mondo occidentale sembra essere spaccato in due: da un lato gli angloamericani della società post industriale che produce prevalentemente beni immateriali di alta tecnologia; dall’altro gli euro continentali della società manifatturiera. Di recente la spaccatura si è manifestata con una maggiore evidenza con scelte profondamente diverse sul problema dell’immigrazione. I primi hanno chiuso i loro confini per contare sulle forze lavorative di cui dispongono per produrre i beni di alta tecnologia. I secondi hanno aperto le loro frontiere per preservare la competitività delle loro industrie manifatturiere con mano d’opera a basso costo.

Non so se le cose stiano esattamente come dice Mazzella presentando due modelli nettamente alternativi, poiché nell’uno e nell’altro ci sono fattori comuni e concomitanti.

Per esempio, siamo così sicuri che al di la della politica immigratoria, il settore produttivo nel Regno Unito sia al pari degli Stati Uniti incentrato sulla produzione di beni immateriali di alta tecnologia, dei super computers e della creazione dell’intelligenza artificiale? Non è questa la strada che anche i principali paesi europei intendono perseguire, anche se con qualche ritardo rispetto agli Stati Uniti? Inoltre la politica immigratoria europea non mira tanto ad ottenere mano d’opera a basso costo, quanto al rispetto di principi etici e religiosi, pur riconoscendo che l’accoglienza può creare seri problemi  di convivenza sociale nei paesi ospitanti.

Ho trovato poi di particolare interesse educativo e interpretativo il capitolo riguardante liberali e liberisti e quello dedicato alla democrazia liberale. E’ su questi che dedicherò ora la mia attenzione, anche per la loro attualità.

Mazzella ci ricorda la differenza concettuale tra liberali e liberisti; i primi attengono all’ideale politico e umano che allo stesso tempo corrisponde, come diceva il filosofo austriaco Friedrich Von Hajek, a una dottrina politica e a una teoria economica. Per un liberale va bene, dice Mazzella, che i mercati, le produzioni, i consumi siano connessi su scala mondiale, che si ricorra alla pratica dell’outsourcing, che sia stata data una spinta positiva con crescita economica di nazioni a lungo emarginate dallo sviluppo, che si  è tradotta in una riduzione dei prezzi per l’utente finale grazie alla concorrenza. Sotto tale profilo un liberale può ben essere anche un liberista.

Ma il paragone qui si ferma e non va oltre. Liberista oggi è divenuto chi postula, afferma, propugna la necessità che l’attività economica sia lasciata esclusivamente ai privati, indipendentemente da ogni altra considerazione. E a questo punto, giustamente aggiunge  Mazzella, “ la libertà è un bene finché non trasmoda e schiaccia ogni diritto altrui, posto a salvaguardia dell’armonia sociale e della dignità umana.

In altre parole, aggiunge Mazzella, essere liberali significa essere contro dottrine e prassi che propugnano l’assolutismo sia politico sia filosofico, che esclude ogni possibilità di valutazione dei dogmi, dei comandi, dei poteri di un capo, monarca o tiranno.

Venendo alla democrazia liberale, che nella sua accezione sociopolitica più che economica è nata in Inghilterra, Mazzella sottolinea che essa non contempla e non richiede necessariamente una società aperta, e cioè che una società possa anche chiudersi per salvaguardare al suo interno i principi di buona convivenza civile e sociale.

Egli  pertanto sostiene che le misure di recente adottate da Donald Trump negli stati Uniti e da Theresa May nel Regno Unito nei riguardi dell’immigrazione, sono misure che vengono definite isolazioniste. Dice invece Mazzella esse appaiono perfettamente comprensibili se si pone mente all’origine storica e filosofica della democrazia liberale, dove per garantire un patto sociale, e cioè un assetto di buona convivenza civile e  sociale, può essere necessario abbandonare la nozione di società aperta. Quest’ultima per i britannici è concetto accettabile soltanto in campo economico, pro e non contro la globalizzazione contro l’imposizione di dazi doganali. In altre parole società aperta è divenuta per gli angloamericani un ossimoro se usata in campo sociopolitico.

Questa interpretazione della democrazia liberale di Mazzella può non trovare vasti consensi sul piano sociopolitico. Ci sono inevitabilmente coloro che sostengono e sosterranno che una società liberale non può che essere aperta e ciò per effetto di principi etici e di ordine religioso. Sul piano economico è però importante sottolineare che la libertà degli scambi ha prodotto crescita e benessere sia nei paesi industriali sia in quelli emergenti. Un ricorso a dazi doganali,  e a misure e contromisure protezionistiche non potrà non portare che a una riduzione della ricchezza degli uni e degli altri, come è dimostrato dalla storia.

Il pensiero, le idee, e gli approfondimenti di Mazzella su questi ed altri temi, quali “le due culture dell’Occidente”, il Peronismo all’italiana; la burocrazia e autoritarismo rivestono indubbio interesse e sono contenute nelle interviste incluse nella seconda  parte del libro che stiamo esaminando.

Lo sono anche i suoi editoriali giornalieri su molteplici problemi di attualità politica, nell’ottica di un vero liberale. Fra questi non mi trova però consenziente il suo sentimento antieuropeo poiché Mazzella assegna giudizi negativi, troppo severi, circa l’influenza, che ritiene dominante, delle centrali finanziarie di Wall Street e della City – anche se esse stesse sono frutto del liberalismo — e delle regole che gestiscono l’Unione Europea e l’euro.

Ma questo è un altro discorso che necessiterebbe una trattazione a parte, che esula dalla presentazione odierna.

In chiusura, in modo scherzoso e faceto, da amico e suo ammiratore, ricordo a Luigi l’espressione di quel filosofo che disse  “come posso pensare senza esagerare !!!”

Grazie per l’attenzione

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