ius pacis

Ius Pacis

di Antonio Pileggi

Il periodo storico che stiamo vivendo è caratterizzato, come ha ben spiegato Papa Francesco, dalla terza guerra mondiale a pezzi. Una guerra che viene ferocemente combattuta in spregio alla gente che soffre e che muore, e in spregio alle idee e ai valori incentrati sul “ripudio della guerra”. Il ripudio della guerra, com’è noto, è stato stabilito nella Costituzione italiana[1], che ha appena compiuto 75 anni di vita. L’umanità sta rischiando di perire a causa del probabile olocausto nucleare. Pertanto è da considerare importante la possibilità di mettere a frutto ogni idea a favore della pace, che non può essere, quest’ultima, una tregua tra due guerre ricorrenti.

Non possiamo, non dobbiamo perire senza nulla dire; non possiamo, non dobbiamo lasciare al “Fato”, senza nemmeno reagire, la facoltà di decidere i passi decisivi verso l’apocalisse; non possiamo non provare a renderci operatori di pace; non possiamo essere neutrali tra coloro che fanno le guerre e coloro, gli esseri umani con o senza divisa, che le guerre le subiscono. È esigito, quindi, un impegno diffuso e corale rivolto a realizzare una vera rivoluzione culturale che porti all’affermazione di un nuovo diritto inviolabile dell’uomo, un diritto universale e fondamentale delle umane genti: lo ius pacis.

Lo ius pacis, prima ancora di essere recepito dagli ordinamenti giuridici, dovrebbe entrare nella coscienza dei singoli esseri umani e dei popoli attraverso: 1) l’elaborazione di concetti e parole chiave capaci di disseminare la consapevolezza sulla urgente necessità di abbandonare definitivamente l’epoca primordiale e barbarica della guerra fra esseri umani (guerra che ai nostri tempi è anche guerra distruttiva di dimensione planetaria); 2) l’acquisizione della consapevolezza, da parte di tutti i popoli del Pianeta, che il comandamento “non uccidere” dev’essere composto di due sole parole, senza altre aggiunte o locuzioni di qualsiasi specie, come sono i casi, entrambi tribali, del “non uccidere un uomo della tua tribù” e del “non uccidere un uomo della tua nazione o della tua religione”; 3) la consapevolezza generalizzata delle conseguenze irreparabili e funeste dell’olocausto nucleare.

Quanto alla guerra fra esseri umani e natura, non bisogna tenere conto solamente del selvaggio uso del territorio e del clima, ma anche delle conseguenze dannose e irrimediabili sull’ambiente delle guerre “moderne”. Infatti la scienza e la tecnologia hanno approntato letali armamenti idonei a porre fine all’esistenza della vita nel Pianeta Terra, mentre la cultura umanistica segna il passo e nulla fa per indirizzare a fin di bene lo sviluppo della ricerca e del sapere scientifico.

Si potrebbe obiettare che il pensiero rivolto ad una nuova era senza guerre sia un’utopia. Me ne rendo conto. Ma non mi pare azzardato osservare che l’utopia sia stata e possa ancora essere il motore del progresso. Al riguardo, le idee sullo ius pacis coincidono totalmente con i contenuti e le finalità indicate dal Papa Francesco e con quanto ha scritto Albert Einstein.  Significative sono, ad esempio, le affermazioni del Papa secondo cui la guerra è una pazzia[2] e il suo riferimento allo ius pacis lanciato in occasione dell’incontro di preghiera innanzi al Colosseo con i leader Cristiani e delle altre religioni[3]. Le parole del Papa, pronunciate il 22 settembre 2022 dalla sua finestra, sono particolarmente significative: “Per favore, facciamo respirare alle giovani generazioni l’aria sana della pace, non quella inquinata della guerra, che è una pazzia!”

Ricordo perfettamente il “clima” di paura vissuto nel secolo scorso dall’intera umanità durante la crisi di Cuba. E ricordo la soluzione che fu trovata, per impedire l’olocausto nucleare, dai leader politici e religiosi di quel tempo. La Pacem in Terris di Giovanni XXIII è un documento importante anche perché maturato in quel contesto di reale pericolo per l’umanità.

In questi ultimi tempi, nei quali la terza guerra mondiale è già scoppiata a pezzi, c’è una situazione gravida di pericoli maggiori di quelli che abbiamo conosciuto durante la crisi di Cuba. Ecco perché, a mio avviso, necessita divulgare e illustrare idee a favore della pace.

Grandi uomini hanno elaborato pensieri di pace. Ma quasi sempre i loro pensieri sono cancellati dalla memoria umana. Basta citarne uno per tutti: Albert Einstein. Le sue riflessioni e le sue indicazioni contro la guerra e a favore della pace dovrebbero diventare oggetto di insegnamento nelle scuole. Cito alcuni passi di un suo libro[4] dove, a proposito della guerra, ha testualmente scritto: “Bisogna sopprimere questa vergogna della civiltà il più rapidamente possibile”“i giornali di un paese possono, in due settimane, portare la folla cieca e ignorante ad un tale stato di esasperazione da indurre gli uomini ad indossare l’abito militare per uccidere e farsi uccidere…” … ”nonostante tutto, io stimo tanto l’umanità da essere persuaso che questo fantasma malefico sarebbe da lungo tempo scomparso se il buonsenso dei popoli non fosse sistematicamente corrotto, per mezzo della scuola e della stampa, dagli speculatori del mondo politico e del mondo degli affari” .

Quanto alla pace, le parole di Albert Einstein, sono particolarmente significative: “Gli uomini veramente superiori delle generazioni passate hanno riconosciuto l’importanza degli sforzi per assicurare la pace internazionale. Ma ai nostri tempi lo sviluppo della tecnica ha fatto di questo postulato etico una questione di esistenza per l’umanità civilizzata di oggi e la partecipazione attiva alla soluzione del problema della pace è considerata una questione di coscienza che nessun uomo coscienzioso può ignorare.”

D’altronde, le iniziative e le parole del Papa, che ha preso il nome del Santo di Assisi, stanno aprendo la strada verso una sperabile svolta epocale. Non basta il pacifismo che puntualmente soccombe innanzi al bellicismo, il bellicismo che, per sua natura, è sordo, cieco e portatore di “valori” alternativi ai bisogni di buona salute, di buona educazione e di buon lavoro degli umani.

Non basta la pace diventata una pausa temporale tra una guerra e quella successiva. Non basta la cultura consolatoria e assolutoria, spesso di natura religiosa, dopo ogni guerra. Non basta essere neutrali, ma bisogna essere contro le guerre, come ha insegnato Gino Strada, con comportamenti concreti.

Dobbiamo alzare forte e chiara, da donne e uomini liberi e forti, la nostra voce a favore dello ius pacis, che deve diventare uno dei diritti inviolabili dell’uomo, alla stregua del diritto alla vita e del diritto alla libertà. Del diritto, cioè, alla libertà di vivere ripudiando la guerra, ovvero ripudiando il “diritto” a causare morte e distruzione.

Lo ius pacis dovrebbe diventare un diritto azionabile con relative responsabilità, cioè un diritto correlato a specifici doveri dei singoli individui, delle comunità e, soprattutto, dei decisori politici.

Sotto quest’ultimo aspetto, quello dei doveri, l’etica della responsabilità dovrebbe totalmente ispirare e regolare ogni atto dovuto. Il concetto di responsabilità dovrebbe essere seriamente incardinato nell’idea di un nuovo umanesimo.

Può, il 2023, diventare un anno veramente nuovo, un anno ri-generativo di un nuovo umanesimo caratterizzato dalla responsabilità di tutti e di ciascuno nella cura del futuro dell’umanità e nella cura della “casa comune”?[5].

Roma, Gennaio 2023

Antonio Pileggi

[1] Art. 11 della Costituzione italiana: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni, promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

[2] Angelus di Domenica 22 Settembre 2022;

[3] Incontro del 25 ottobre 2022 presso il Colosseo (“Non siamo neutrali, ma schierati per la pace. Perciò invochiamo lo ius pacis come diritto di tutti a comporre i conflitti senza violenza”);

[4] Albert Einstein, Come io vedo il mondo, Giachini Editore, Milano (anni ’60 del secolo scorso);

[5] La locuzione “casa comune” fa riferimento all’Enciclica sulla cura della casa comune di Papa Francesco “Laudato si’.

Antonio Pileggi