libro Non vergognatevi di me sono innocente

Non vergognatevi di me, sono innocente!

di Antonio Chieffallo, Luigi Pellegrini editore, luglio 2017

Recensione di Antonio Pileggi

Ci sono dei libri che dovrebbero essere letti incominciando dalle ultime pagine. Questo libro di Antonio Chieffallo sarebbe da leggere a partire dalla lettera inviata da Sergio Moroni al Presidente della Repubblica, prima del suicidio. La lettera è riportata in fondo al volume e rimane come una pietra miliare della tragedia nella quale precipitò il sistema politico italiano nell’ultimo decennio del secolo scorso. È una lettera che ha mille significati, anche profetici.

Il libro di Chieffallo si legge tutto di un fiato. Contiene la storia umana e politica dell’autore e della sua famiglia durante gli arresti che venivano messi in atto nella stagione denominata tangentopoli degli anni ’90, arresti che sconvolsero, e cambiarono, la Repubblica italiana.

Nel libro c’è, sullo sfondo, la storia dell’Italia nella quale è stata quasi interamente distrutta l’idea della politica come identità di una cultura politica e, soprattutto, come pensiero politico legato ai principi e ai valori caratterizzanti i partiti politici così come strutturati e funzionanti fin dalla nascita della Repubblica italiana.

Tutto ciò che è successo dopo quegli eventi descritti nel libro, altro non è che il repentino declino dei partiti politici e il sorgere di formazioni politiche padronali e leaderistiche fondate sulla prevalenza della comunicazione dall’alto verso il basso.

La politica, e le stesse carriere politiche, non sono state più costruite dal basso ed hanno smesso di essere confronto, e magari duro scontro, su temi concreti nel territorio.

L’attività politica, non più fondata sulla credibilità di una moltitudine di attivisti provenienti dalle esperienze territoriali, ha ceduto il passo alla cooptazione che il capo carismatico di turno mette in atto per creare ruoli ancillari alle sue dipendenze.

La comunicazione che prevale sui contenuti finisce per alimentarsi di slogan inventati al momento e per rendere asfittico il pensiero politico che, invece, ha e deve avere radici culturali e valoriali. Sta di fatto che sono i valori a suscitare la passione per lo svolgimento dell’attività politica e per il coinvolgimento libero e volontario delle giovani generazioni.

L’autore è un testimone e un protagonista di un impegno politico che ha trovato motivazioni estremamente significative. Un esempio di tale impegno lo rinveniamo esplicitato quando scrive: “Eravamo socialisti anche perché combattevamo le lotte di popolo contro le ingiustizie che obbligavano uomini e donne a lavorare in condizioni disumane.”

Il trauma dell’arresto del padre, nei giorni precedenti il Natale del ‘93, è descritto con una penna che sa tratteggiare i sentimenti di una famiglia e di una più vasta comunità politica legata da affetto e da sincera stima per l’arrestato.

Chi sia coinvolto direttamente in una siffatta vicenda ha sempre enorme difficoltà a descriverla. Eppure l’Autore ci riesce in modo avvincente. La scrittura è agile e asciutta. Non risente del lessico “formale” che spesso connota le lunghe vicende giudiziarie.

La vicenda giudiziaria si è conclusa con l’assoluzione e il riconoscimento dell’innocenza del padre dell’Autore, Leopoldo.

Leopoldo, che conosco di persona fin da quando era studente nelle scuole secondarie, è stato sempre la Persona affabile, amabile e sorridente descritta dal figlio nel libro. La sua carriera politica è avvenuta con consensi e riconoscimenti cresciuti via via per la stima e il rispetto goduti da sempre. Aveva un alto senso delle istituzioni. Mai settario, aveva il culto dell’imparzialità e degli interessi generali quando era chiamato a svolgere incarichi di responsabilità istituzionale. So di essere emotivamente “coinvolto” nei miei giudizi perché siamo amici, anche se non ci siamo frequentati molto. Ma l’amicizia non può essere di impedimento alla mia recensione di un libro che ha pagine intrise di umana sofferenza e di una grandissima dignità accompagnata da un amore diffuso dentro e fuori dalla stretta cerchia familiare. Il volume ha pagine che suscitano sentimenti di umana comprensione e di vera commozione.

A conclusione della lettura del libro emergono non solamente l’apprezzamento per il comportamento dell’arrestato, non solamente l’ammirazione per l’affetto filiale, non solamente il senso di solidarietà. Emergono, durante e dopo la lettura del volume, considerazioni molto positive su quella che oserei definire la “buona coscienza” di ogni singolo familiare coinvolto in quel lungo e annoso calvario. La “buona coscienza” è stata l’energia positiva che ha dato la forza per resistere.

Nulla potrà sanare le ferite subite. Le cicatrici delle ferite profonde restano per sempre.

La vicinanza e la solidarietà sono quanto di meglio possa esistere nelle relazioni umane.

Simpatia ed empatia sono il filo rosso che lega la vicenda umana e politica della famiglia Chieffallo.

La politica ha sempre, nel bene e nel male, una funzione pedagogica. Le vicende narrate in questo libro, che sono state oggetto anche di una rappresentazione teatrale, sono da conoscere e da studiare. Sono da studiare anche perché in questo terzo millennio in Italia stiamo vivendo un eterno presente senza memoria e senza pensiero politico. Troppe e troppo egemoni sono le formazioni politiche padronali prive di visione politica e prive di una forza ramificata sul territorio perché guidate da capi carismatici alla ricerca di potere da gestire dall’alto dei palazzi del potere. Dopo la distruzione dei partiti politici avvenuta negli anni ’90 la politica viene considerata solo come potere e non come visione e passione.

Il libro di Antonio Chieffallo è pregno di passione e di amore per la famiglia e per la convivenza politica nella realtà sociale.

Antonio Pileggi